domenica 13 maggio 2007

A.S.I.A. : un continente tutto napoletano


Un amico mi ha inviato l'indirizzo di un sito internet, da lui creato, molto interessante e soprattutto molto attuale
http://digilander.libero.it/l.quatta/
Purtroppo possiamo solo riderci su...Ma da qui a questa foto ci manca molto poco..........
Tra la carica della polizia avvenuta oggi a Serre ed il mare di munnezza che sta letteralmente sommergendo la città c'è di mezzo qualcuno come Alfonso Pecorario Scanio che minaccia di dimettersi dal governo se la discarica individuata dalla Prefettura e da Bertolaso non cambia indirizzo.IL Rispetto ambientale è cosa buona e giusta e la paura di ritrovarsi sommersi da versatoi legalizzati per il business dell'ecotraffico di rifiuti tossici è legittima e condivisibile.
Ma se i politici saliti in questo governo continuano SOLO a sbandierare demagogiche motivazioni ambientaliste scatenando populistiche insurrezioni allora non approderemo mai ad una soluzione efficace e definitiva...
Per me Pecoraro Scanio può, anzi DEVE tornare alla sua casa natale e condividere con noi il gustoso olezzo colerico delle nostre strade.........................

4 commenti:

Ueuè ha detto...

Finalmente! Mal diviso è mezzo gaudio. Ma quelli hanno il culo incollato alle poltrone. E mo' se ne vanno!

Anonimo ha detto...

Sul ponte sventola bandiera bianca!

VitoBarese ha detto...

Ave...
hai ragione, ma quelli sono capaci di vendere solo aria fritta...

Anonimo ha detto...

“A Mercato San Severino, poco distante dai cassonetti bruciati, la spazzatura non è «tragica emergenza»”
“La montagna di rifiuti e il paese stile Copenaghen”

In Campania migliaia di tonnellate riciclabili buttate via ogni giorno. Con una eccezione
Ma cosa sono: marziani? C'è chi davvero vorrebbe poter dipingere gli abitanti di Mercato San Severino come extraterrestri di pelle verde con le antenne. Perché quel paesotto a una manciata di chilometri dai cassonetti bruciati e dalle montagne di immondizia nauseabonda dimostra che no, la «tragica emergenza» denunciata anche dal capo dello Stato non è affatto un destino ineluttabile della napoletanità. Basti dire che per le strade non c’è un solo cassonetto e la raccolta differenziata è al 60% contro lo 0,4% della vicina Sarno.
È tutto lì, il problema. Nel capire come mai due cittadine geograficamente vicine siano così drammaticamente distanti. Una è in provincia di Salerno, l'altra anche. Una si picca di avere origini normanne, l'altra anche. Una è governata dal centrodestra, l'altra anche. Eppure, stando ai rapporti di Legambiente del 2006, una è 125 volte più virtuosa. Perché? Questione di scelte, spiega Giovanni Romano, docente universitario di storia e geografia, sindaco di Mercato San Severino negli anni della svolta e oggi (non potendo più essere rieletto) vicesindaco rispettato anche dagli ambientalisti di sinistra nonostante sia vicino ad An. «Il primo passo è stata la rimozione di tutti i cassonetti: da quel momento ognuno si tiene la propria immondizia in casa.

Cosa assolutamente educativa: della "tua" spazzatura devi farti carico tu. Tre volte la settimana, nei giorni dispari, passiamo a ritirare i rifiuti umidi. Una volta ogni sette giorni la carta e la plastica. Ogni due settimane l'alluminio. Due volte la settimana il sacchettone nero del materiale non riciclabile, che rappresenta non più del 40% del totale e che a quel punto potrebbe andare direttamente agli impianti del Cdr, per essere trasformato in ecoballe. Ecoballe buone, non quelle schifezze che oggi escono dagli impianti campani ». Su ogni sacchetto va incollato un codice a barre. Chi è più bravo e rispettoso delle regole paga meno tasse. Niente Tarsu: solo la Tia, tariffa igiene ambientale. Come nei Paesi nordici. Quelli che ogni giorno vengono indicati a modello da chi discetta sulla impossibilità di adottare quaggiù, sotto 'o Vesuvio, gli stessi comportamenti dei norvegesi o degli svizzeri e sospira citando l'antica definizione di Montesquieu: «La plebe napoletana è molto più plebe delle altre».
E l'allarme rosso che dilania la Campania e spacca il mondo della politica e scatena la rabbia di decine di migliaia di cittadini che appiccano il fuoco a immense cataste di immondizia? Si ferma appena più in là. A Nocera. A Sarno. A Palma Campania, che per secoli era stata il cuore di una piana fertilissima dove Spartaco sconfisse il pretore Pulcro e Alfonso d'Aragona andava a caccia col falcone e ora, cancellati i racconti dei nonni intorno al mitico Dragone, un fiume sotterrato dall'eruzione pliniana del Vesuvio, non ha più il sottosuolo ricco d'«acque purissime, pozzi, cisternoni, cunicoli »ma avvelenato da decenni di gestione scellerata delle discariche. Enormi cave nella cui pancia, stando alle testimonianze dei vecchi, furono «buttati rifiuti tossici provenienti da tutta Italia e dall'estero e perfino dall'Africa».
«L'invenzione più pericolosa del Ventesimo secolo non è stata la bomba atomica mal'immondizia » scrisse un giorno Luciano De Crescenzo, davanti al panorama spaventoso del dolce entroterra napoletano cantato dai viaggiatori del Grand Tour adesso stuprato. Un mondo di spighe di grano e distese di ciliegi e di noccioli stravolto al punto che, come ha denunciato sul Corriere del Mezzogiorno Simona Brandolini, la Campania ha oggi il 43% del totale del territorio inquinato italiano e nel triangolo Acerra- Giuliano-Villaricca si conta una percentuale di malformazioni infantili dell'84 per cento più alta rispetto alla media nazionale. Tredici anni di stato di emergenza. E siamo ancora lì.
A Grisignano d'Aversa la Erreplast di Antonio Diana, un'azienda leader nel recupero di materie plastiche, è costretta a comperare in giro per l'Italia e all'estero 50 tonnellate al giorno di bottiglie e contenitori e prodotti plastici vari da riciclare. Pochi chilometri più in là, a Caivano, il più grande e moderno degli impianti di Cdr costruiti negli anni scorsi tra proteste e barricate eminacce camorriste, spiegano affranti che, tra le 7.200 tonnellate di rifiuti trattati ogni giorno (potrebbero essere duemila ma non c'è più posto per accatastare la roba), vengono buttate via «almeno 1.900 tonnellate di carta e cartone e 370 tonnellate di vetro e 400 tonnellate di plastica». Tutto materiale che nei Paesi seri rappresenta una ricchezza e potrebbe produrre energia elettrica e acqua calda da immettere nelle condotte cittadine.
E che qui finisce invece, tra gli ingegneri che scuotono la testa, in una spropositata e infernale spelonca in cui i camion, dopo essersi messi in coda anche per una giornata e una nottata intera, svuotano il loro ventre di plastiche e spaghetti avanzati, scatolette e liquami e scarti di magliette e borsette di cuoio dei laboratori clandestini dei Quartieri spagnoli o dell'immediata periferia. Una massa putrida e informe nella quale, tra nugoli di mosche e moscerini, affondano le braccia meccaniche manovrate lassù in alto da Gennaro e Angiolino che dietro a un vetro spostano enormi mucchi di immondizia per fare posto a nuovi carichi e smistare più roba possibile verso gli esofagi d'acciaio che inghiottono il pattume, lo tritano, lo sminuzzano e lo pressano fino a trasformarlo in grandi cubi insaccati nel cellophane e subito avviati a nuovi parcheggi giacché lo sconfinato terreno a fianco è già stato interamente occupato da colossali piramidi di monnezza che attendono, un giorno, chissà, di essere bruciate. Bruciate quando? Boh…
Il termoinceneritore di Acerra, a dieci minuti di macchina, è ormai «quasi» finito. Nonostante le manifestazioni di protesta guidate fianco a fianco dal sindaco e dal vescovo. Nonostante le indagini della magistratura che ha ipotizzato l'accusa di truffa. Nonostante gli strilli di una fetta di ambientalisti e no global e marxisti- leninisti arrivati a bollare l'impianto, identico a quello messo in funzione senza proteste «dentro» Copenahgen, come «mostruoso e pericolosissimo » e «imposto con la repressione delle masse popolari e la militarizzazione del territorio ». A ottobre, massimo novembre, dovrebbe essere completato. Ma poi, chi lo gestirà? Chi lo farà funzionare? Chi si prenderà la responsabilità di bruciare anche le ecoballe di pessima qualità sfornate dagli impianti Cdr costretti ad assemblare tutto insieme visto che nessuno, Mercato San Severino a parte, ha mai fatto partire davvero quella raccolta differenziata indispensabile per dare coerenza a l ciclo? Boh…
Le delusioni, gli intoppi, le retromarce sono state tante che nessuno se la sente più di scommettere su niente. Al punto che i più pessimisti già immaginano nuvoloni neri. Col blocco dei tre grandi camini dell'inceneritore prima ancora che possa alleggerire davvero il peso dell'emergenza. E intanto, coi cassonetti, s'incendia anche lo scontro politico. Non solo tra la destra e la sinistra: anche dentro la sinistra. «Ma come fa, Bassolino, a scaricare tutto sui sindaci?» accusa furente Vincenzo De Luca, il sindaco diessino di Salerno da anni nemico acerrimo del Governatore campano: «Qui siamo in un manicomio. Bassolino tira da una parte, Pecoraro Scanio dall'altra e il commissario Bertolaso è inchiodato alla paralisi. Inaccettabile. Dicono che non possono muoversi perché c'è la rivolta dei sindaci? Eccomi qua: io sono un sindaco. Della seconda città campana. Sputtanata nella sua immagine, a livello nazionale e internazionale, da chi ci confonde con Napoli. E' un anno che abbiamo chiesto di poter fare un inceneritore. Ce lo paghiamo noi.E in due anni e mezzo lo tiriamo su. Solo il via libera, vogliamo. Solo quello. E in un anno non ci hanno mai degnato di una risposta. Non una parola».
(Gian Antonio Stella, corriere.it)

Ho una grande curiosità: i sindaci e la cittadinanza di ogni comune coinvolto nella tragica e ormai ridicola emergenza rifiuti cosa pensano e come pensano si risolva il problema dello smaltimento???
Nel resto del mondo i rifiuti dove vanno a finire?